#361 – Portare il telefono alle manifestazioni

Pillole di Bit
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#361 - Portare il telefono alle manifestazioni
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Ho scritto questa puntata con la tristezza nel cuore, perché in un mondo civile non ci si dovrebbe preoccupare di queste cose e si dovrebbe andare alle manifestazioni o si dovrebbe poter viaggiare con serenità. Invece le cose non vanno come si vorrebbe, anzi, vanno sempre peggio e ci si deve organizzare per evitare problemi. Magari non capita, magari nella puntata trovate spunto per cose che non sapevate. Ma oggi, più che mai, vivere con il pensiero dell'”essere pronti” diventa utile.

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Oggi parliamo di un argomento un po’ diverso dal solito, ma sempre legato alla tecnologia che usiamo tutti i giorni: come proteggere i dati sul nostro smartphone quando partecipiamo a eventi affollati e a rischio, come una manifestazione. Il nostro telefono è ormai una miniera di informazioni personali, e in certe situazioni è meglio essere preparati per evitare problemi.
Ho pensato di fare questa puntata dopo aver letto un articolo su The Verge qualche tempo fa, molto interessante, dal quale ho preso spunto, dopo aver scoperto che alla frontiera degli Stati Uniti i controlli sono diventati così invasivi da far passare la voglia di andarci e soprattutto dopo che il nuovo decreto autorit, ehm, sicurezza è stato approvato.
I tempi sono bui ed è il caso di iniziare a prendere qualche precauzione.
Ho scritto questa puntata con disgusto, è giusto che lo sappiate.

Questa puntata è stata realizzata grazie alle indispensabili donazioni di generosi ascoltatori
Gli abbonati
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E le donazioni spot
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Per sapere come far parte di questo elenco vi rimando al capitolo un po’ più in là nella puntata.
Questa è l’ultima puntata di aprile e direi che, se non succede niente di particolare, se a Febbraio abbiamo fatto il record in positivo, questo mese ha il record negativo, spiace un po’, spero non per la qualità del podcast calante.

Prima di iniziare, vi ricordo che potete contattarmi in mille modi, su Bluesky sono francesco.iltucci.com, su Mastodon sono cesco_78 su mastodon.social o pillole dibit su hackyderm.io o via mail a [email protected], trovate tutti i link comodi comodi sull’app dalla quale state ascoltando la puntata o sul sito, rispondo sempre. Il metodo migliore però è il gruppo telegram attivo durante tutta la settimana, dove si parla delle puntate e di tecnologia in generale, siamo davvero tanti, lo trovate a pilloledib.it/telegram

Serve un doveroso antefatto. Ogni Paese ha le sue leggi. In Italia, per adesso, se vi fermano non avete nessun obbligo a dare alle forze dell’ordine il vostro telefono, bloccato o sbloccato, ve lo ripeterò anche in puntata. Per potervi sequestrare il telefono serve che lo decida un Magistrato.
In altri Paesi le cose sono diverse, come alla frontiera degli Stati Uniti ad esempio, dove possono forzarvi a sbloccarlo con la biometria o possono trattenerlo, anche senza la richiesta di un Magistrato.
Aggiungiamo che, anche qui, le leggi che ruotano intorno alla parola sicurezza per ottenere un maggior controllo, vengono promulgate quasi dalla sera alla mattina e cambiano spesso le carte in gioco, anche in modo radicale.
Cambiano anche quelle relative al sistema di allarme che, dall’avvisare per un imminente grave pericolo, passano all’avviso di una piazza. Nessuno può vivere tranquillo.
E non dimentichiamo che abbiamo un lungo storico dove le forze dell’ordine hanno allegramente lavorato al di fuori della legge, dove l’esempio più grande è stato a Genova nel 2001. Se non ve lo ricordate, vi consiglio di riascoltare il podcast Limoni di Internazionale, vi lascio il link in descrizione.
Tutto questo per dire che in teoria nessuno vi porta via il telefono in caso di fermo in Italia, ma che, secondo me, è bene avere qualche informazione aggiuntiva.
Raramente si buca una gomma dell’auto, ma se si sa come cambiarla e si tiene la ruota di scorta con la pressione controllata si vive più sereni.

Allora, parliamo di manifestazioni e cortei. In queste situazioni, di solito, portiamo con noi il nostro smartphone, che è diventato un’estensione della nostra vita digitale. Contiene foto, messaggi, contatti, informazioni sulla nostra posizione, su dove viviamo, dove lavoriamo… insomma, un sacco di dati sensibili. Molti più di quelli che possono venire in mente così su due piedi.

Il problema è che in situazioni affollate e magari un po’ caotiche, il telefono potrebbe perdersi, rompersi, o venire rubato.
C’è anche la possibilità, in caso di fermo da parte delle autorità, che il telefono venga confiscato.
Se riescono ad accedervi, avranno accesso a tutti questi dati, non solo nostri ma anche delle persone con cui comunichiamo.
Questo potrebbe mettere a rischio la privacy di molte persone e dare informazioni su chi organizza o partecipa a certi eventi.

Quindi, come possiamo proteggerci? L’obiettivo è ridurre al minimo la nostra “impronta digitale” quando siamo in queste situazioni. Vediamo qualche consiglio pratico, semplice e alla portata di tutti.

Il primo consiglio, il più drastico ma anche il più sicuro: Se potete, lasciate il vostro smartphone principale a casa. Sembra banale, ma è il modo migliore per essere sicuri che i vostri dati non finiscano nelle mani sbagliate e per evitare di essere tracciati in base alle celle alle quali il telefono si è agganciato.
Se proprio avete bisogno di comunicare, potreste pensare a un telefono muletto, un vecchio smartphone o un telefono economico, quelli che in gergo si chiamano “burner phone”, o, in italiano, usa e getta. Qui non si trovano nei supermercati, ma basta uno smartphone economico che se si perde, pazienza, su cui installare solo le app essenziali e magari usare una SIM dedicata. Ok, forse la SIM dedicata è un po’ troppo, ma se ve lo portano via diventa problematico rientrare in possesso del vostro numero.
Potreste sempre comprare, solo per l’evento, una di quelle eSIM turistiche, avete i dati, ma non il vostro numero, può essere un buon compromesso.
Quando la comprate non vi chiedono i documenti o l’identificazione, ho provato con airalo.
Su questo telefono da battaglia, usate app di messaggistica sicure e criptate, come vedremo tra poco, e tenetelo acceso solo quando serve davvero.
Una nota importante, il telefono deve essere uno smartphone e deve essere aggiornato con le ultime versioni del sistema operativo.
Sui telefoni chiamati feature phone non si possono installare app e sugli smartphone troppo vecchi i sistemi operativi non sono aggiornati, pertanto, una volta in mano alle forze dell’ordine sono facilmente attaccabili con software di indagini forensi, anche se non avete fornito il PIN di sblocco. E, lo dirò molte volte, non lo dovete fornire.

Se invece decidete di portare con voi il vostro telefono abituale, è bene fare alcune attività preventive.
Fate un backup completo di tutti i vostri dati prima di uscire, su iOS è più facile, con Android so che è più complesso.
Così, se dovesse succedere qualcosa al telefono, non perderete tutto.
Questa regola dovrebbe essere di base anche per le attività quotidiane, se seguite questo podcast, lo sapete già.
Anzi, per la massima sicurezza, dopo il backup potreste addirittura cancellare tutti i dati dal telefono (resettarlo alle impostazioni di fabbrica) e reinstallare solo le pochissime app indispensabili per l’evento o, se andate negli Stati Uniti, per il viaggio.
È una misura estrema, ma efficace. E, come per il muletto, tenetelo spento o usatelo il meno possibile.

Secondo consiglio: Usate solo il blocco con il codice e non quello biometrico.
Siamo abituati a sbloccare il telefono con il riconoscimento facciale o l’impronta digitale. È comodo, ma in queste situazioni è più sicuro usare un buon vecchio codice PIN o una password robusta. Perché? Perché la legge, almeno in alcuni paesi come gli Stati Uniti, protegge di più un codice che dovete ricordare (non potete essere costretti a rivelarlo) rispetto a un dato biometrico come l’impronta o il volto (potrebbero costringervi fisicamente a sbloccarlo).
Come funziona in Italia? Il sistema giuridico è diverso, se vi fermano per strada, non possono prendervi il telefono o chiedervi di mostrarlo loro sbloccato.
Se vi portano in questura neanche.
Se un magistrato emette un mandato allora ve lo possono sequestrare, ma nessuno vi può obbligare a rivelare il PIN, potrebbero provare a passarvelo davanti alla faccia per sbloccarlo, in modo un po’ meschino.
In ogni caso, se necessario passeranno il telefono a tecnici forensi che cercheranno di forzarlo.
Più è aggiornato, più sarà difficile per loro forzarlo, ma più passerà il tempo più avranno possibilità di farlo.
Meno dati ci sono, meno dati avranno a disposizione.
Poi, se pensiamo a eventi come Genova Bolzaneto, tutti sappiamo che con i giusti metodi di convincimento, diciamo così, possono estorcervi il PIN. Ma, per il momento, sono metodi non previsti dalla legge.
Ovviamente, possono anche arrivare a sequestrare tutti i dispositivi elettronici che avete nelle vostre disponibilità a casa, a questo punto aver portato un telefono temporaneo alla manifestazione vanifica tutto, ma se fanno così direi che la cosa diventa grossa e avete bisogno sicuramente di un avvocato.
Torniamo al blocco.
Andate nelle impostazioni di sicurezza del vostro telefono e disattivate lo sblocco con impronta o volto, attivando solo il PIN o la password. La regola di non mettere un PIN banale è sempre valida.
Sia Android che IOS hanno dei tasti rapidi per mettere in blocco il telefono e disattivare l’accesso biometrico in pochi istanti.
Su android se tenete premuto il tasto di blocco e il volume per qualche secondo compare una finestrella dove si può bloccare, in questo modo la biometria non vale più.
Su iOS premete il tasto di blocco per 5 volte e il telefono si blocca, se nelle impostazioni, preventivamente, avete impostato che nel blocco anche gli accessori non funzionano più, anche la porta USB viene disattivata.
Potete farlo in modo veloce se vedete che le cose si mettono male.
Inoltre, è utile disattivare le anteprime delle notifiche sulla schermata di blocco. Così, anche a telefono bloccato, nessuno potrà leggere l’inizio o il contenuto dei vostri messaggi.
Cercate di sbloccare il telefono il meno possibile quando siete sul posto durante l’evento e fate in modo di non essere visti mentre digitate il PIN.

Terzo consiglio: Limitate le connessioni.
Il telefono comunica costantemente la sua posizione tramite la rete cellulare, il Wi-Fi, il Bluetooth e il GPS. Per evitare di essere tracciati o che i vostri dati vengano intercettati (ad esempio da dispositivi chiamati “stingray” che fingono di essere antenne cellulari), la cosa migliore è attivare la Modalità Aereo.
Questa modalità spegne la maggior parte delle antenne (cellulare, Wi-Fi, Bluetooth). Attenzione però: di solito non spegne il GPS!
Quindi, oltre alla modalità aereo, andate nelle impostazioni di localizzazione (Impostazioni > Posizione su Android, Impostazioni > Privacy e Sicurezza > Localizzazione su iPhone) e disattivate completamente i servizi di localizzazione.
Se avete assolutamente bisogno di una connessione (magari per comunicare con qualcuno), attivate solo quella che vi serve (ad esempio, solo i dati cellulari) e solo per il tempo necessario, tenendo spento il resto (Wi-Fi, Bluetooth, GPS).

Quarto consiglio: Usate app sicure.
Per comunicare, evitate gli SMS normali o le app di messaggistica non criptate. Usate app con crittografia end-to-end, come Signal, che è spesso raccomandata perché non salva i metadati dei messaggi (cioè chi ha parlato con chi e quando).
Signal ha anche funzioni utili come i messaggi che si autodistruggono dopo un certo tempo.
Anche per navigare su internet, considerate browser più attenti alla privacy rispetto a quelli predefiniti, come Brave Browser, Vivaldi o, per la massima sicurezza (ma è più lento), Tor Browser.
Ricordatevi che se usate messaggistica o navigazione criptata, tutto quello che fate resta sul telefono, se sbloccato, in chiaro.

Quinto consiglio: Attenzione a foto e video.
Se scattate foto o fate video durante l’evento, fate attenzione a non riprendere volti riconoscibili di altre persone senza il loro permesso, questo vale, sempre in ogni caso, anche nella vita normale.
State attenti anche a non includere nell’inquadratura elementi che possano identificare facilmente il luogo esatto, come nomi di vie o negozi specifici, se volete mantenere riservata la posizione.
Prima di condividere le foto, sarebbe buona norma “pulirle” dai metadati (dati che includono ora, data, modello del telefono e posizione GPS, si chiamano EXIF) e magari sfocare i volti delle altre persone presenti. Esistono app apposite per farlo.
Se state documentando qualcosa, fate in modo che il contenuto sia caricato subito su qualche servizio cloud, che se perdete possesso del telefono, avete perso anche il contenuto.

Sesto consiglio: Bloccare l’uso a una sola app.
Sia Android che iOS hanno una funzione che permette di “bloccare” il telefono su una singola app. Su Android si chiama “App Pinning” o “Fissa sullo schermo”, su iOS si attiva tramite “Accesso Guidato”. Attivando questa funzione, potete usare quell’app specifica (ad esempio, la fotocamera o Signal) ma non potete uscire da essa o accedere ad altre parti del telefono senza inserire di nuovo il PIN di sblocco.
È utile se dovete mostrare qualcosa sul telefono a qualcuno (anche alle forze dell’ordine) senza dare accesso completo al dispositivo.
Trovate queste opzioni nelle impostazioni di Sicurezza (Android) o Accessibilità (iOS). Provate a usarle prima di andare all’evento.

Cosa fare se il telefono viene confiscato?
Se, nonostante tutte le precauzioni, il vostro telefono dovesse essere confiscato, la cosa più importante è non sbloccarlo.
Nessuno può obbligarvi a fornire il PIN, come detto, almeno in teoria.
La richiesta di sequestro va chiesta da un magistrato, la Polizia non può dirvi “dammi il telefono”, vale sempre la storia di Bolzaneto.
Appena possibile, da un altro dispositivo, cambiate le password di tutti gli account collegati al telefono (Posta social, altri accessi.) e revocate l’accesso a quel dispositivo dalle impostazioni dei vari account.
Potete anche pensare di delegare qualcuno che lo faccia per voi, ma dovete dargli accesso completo alle vostre utenze.

Conclusione
Sembrano tante cose, forse un po’ paranoiche, ma pensare alla sicurezza dei nostri dati prima di trovarsi in situazioni potenzialmente rischiose è fondamentale. Non si tratta solo di manifestazioni, ma di qualsiasi evento molto affollato dove può succedere di tutto. Essere preparati aiuta a proteggere la nostra privacy e quella delle persone con cui comunichiamo. Si tratta anche di fornire meno dati possibili a chi potrebbe usarli contro di noi, visto come vanno le cose in questi giorni bui. Sono piccoli, ok, forse non proprio piccoli, accorgimenti che possono fare una grande differenza.

Questo podcast vive perché io lo produco, lo registro e lo pubblico settimana dopo settimana o quasi. Ma continua ad andare avanti perché la soddisfazione di vedere le notifiche delle donazioni mi spinge a fare sempre nuove puntate, come ringraziamento e impegno nei vostri confronti. Se esce ogni settimana è grazie a voi.
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Prima del tip, ho cambiato modo di accesso al gruppo Telegram, se non riuscite ad accedere mandatemi una mail e vedo di risolvere.

Mi avete sentito spesso parlare di cuffie antirumore a cancellazione attiva. Ve le ho consigliate più di una volta e vi assicuro che fanno molto bene il loro mestiere.
Hanno però un difetto enorme. Se le volete di un certo livello costano davvero un sacco di soldi, anche in offerta si parla sempre di una cifra intorno ai 200€.
Ho notato che il mondo è sempre più rumoroso e tutti hanno bisogno di un angolo di pace, parlando con alcuni amici, mi hanno consigliato un piccolo kit di riduzione del rumore, ascoltando comunque la musica, con un importo decisamente più basso. E funziona in modo egregio.
È composto da due pezzi.
Il primo è un paio di cuffie da cantiere, le classiche da dispositivo di protezione individuale. Le cercate con abbattimento di 25dB e avete tolto buona parte del rumore. Le 3M su Amazon costano 18€, ma le trovate anche da Leroy Merlin o al Brico
Il secondo pezzo sono degli auricolari in ear Linsoul 7Hz, con il filo, che hanno la forma dei monitor che si mettono nelle orecchie i cantanti sul palco. Hanno il tappino di gomma e tolgono ancora qualche decibel. Costano circa 20€ e vi assicuro che la qualità audio è una cosa sbalorditiva, visto il costo, pazzesca.
Mettete su gli auricolari, poi le antirumore ed ecco che tutti i rumori spariscono, come per magia, senza far sparire troppi soldi dal portafogli.

Lo so, la puntata era già lunga e io ci aggiungo il pezzo di attualità, ma c’è il capitolo e, come sempre, se non vi va di ascoltarlo, potete passare ai saluti o al podcast successivo nella vostra coda.
Viviamo tempi bui e difficili. Succedono cose orrende in molti ambiti, da quello umano a quello scientifico.
Una ripercussione l’abbiamo vista, di sfuggita, in questa puntata, per entrare negli Stati Uniti, meglio andare con un telefono vuoto e sacrificabile. E non è detto che sia sufficiente.
Quello che sta succedendo nelle università e nella ricerca scientifica al di là dell’oceano è una cosa terribile.
Credo che se il resto del mondo, la parte che è rimasta decente, per adesso, non fa qualcosa, davvero avremo un arretramento gravissimo sotto ogni punto di vista. E arretrare con la ricerca scientifica vuol dire tornare a morire per malattie ormai eradicate, per esempio.
L’Europa ha trovato in pochi giorni i soldi per finanziare un riarmo epocale. Ma tanti di quei soldi che non so contare neanche quanto zeri ci siano prima della virgola.
Dovremmo fare la stessa cosa per la ricerca sientifica.
Sistemare i contratti dei ricercatori e dare loro dignità e stabilità, finanziare le università e diventare appetibili, molto più appetibili, degli Stati Uniti. Appetibili al punto che studenti e professori abbiano la voglia di venire da noi a portare avanti i loro studi. Ne va del nostro futuro, non quello dei nipoti dei nostri nipoti, quello nostro e dei nostri figli. Dobbiamo farlo in fretta.
Per favore, fatelo. Fatelo per tutto il resto del mondo, che un mondo armato, ma arretrato scientificamente non serve a nessuno, neanche a chi vince la guerra.
Per favore.

Questa puntata di Pillole di Bit è giunta al termine, vi ricordo che se ne può discutere nel gruppo telegram e che tutti i link e i riferimenti li trovate sull’app di ascolto podcast o sul sito, non serve prendere appunti.
Io sono Francesco e vi do appuntamento a lunedì prossimo per una nuova puntata del podcast che, se siete iscritti al feed o con una qualunque app di ascolto vi arriva automagicamente.
Se volete partecipare alla realizzazione della puntata speciale di Pillole di Bit Stories, andate su pilloledib.it/sostienimi e fate la vostra parte, se a fine mese il cerchio delle donazioni di riempie, realizzerò la puntata speciale.

Grazie per avermi ascoltato

Ciao!

Il sito è gentilmente hostato da ThirdEye (scrivete a domini AT thirdeye.it), un ottimo servizio che vi consiglio caldamente e il podcast è montato con gioia con PODucer, un software per Mac di Alex Raccuglia

#360 – Zaino del tecnico IT

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#360 - Zaino del tecnico IT
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Un kit di tool hardware e software per affrontare quasi tutti i guasti tecnici su computer reti e altri piccoli sistemi informatici. Ma attenzione che bisogna saperli usare

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Mi capita ancora ogni tanto che qualcuno mi chiami per dargli una mano per problemi di tipo tecnico, su un computer, una piccola rete, un NAS. Potete farlo anche voi, se volete, mi scrivete alla mail, vi faccio l’offerta e ci accordiamo, come è sempre stato.
Spesso non so bene di preciso a cosa vado incontro, perché le spiegazioni non sono così esaustive o perché arrivato sul posto il problema è effettivamente più grande di quello che mi immaginassi. Ho imparato allora a farmi un piccolo kit di strumenti che ho appresso in questi casi, giusto da non dover dire “no, non posso fare questo lavoro e devo tornare perché mi manca il pezzo o l’attrezzo giusto”. In questo settore gli attrezzi evolvono molto più in fretta rispetto, ad esempio a un idraulico, in queste puntata vi faccio un elenco di quelli fondamentali e del loro utilizzo, magari potrebbe tornarvi comodo averli a casa per risolvere qualche piccolo problema. I link sono per lo più sponsorizzati su amazon, come al solito, ma se volete potete ordinarli dove vi pare, qui non vige nessun obbligo di acquisto.

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I problemi possono essere di due tipi, hardware o software, in un caso sarà necessario dover intervenire anche smontando qualcosa, nel secondo ce la si potrebbe cavare con qualche tool software particolare.
Partiamo con un kit di attrezzi indispensabile per smontare ogni cosa, prodotto da iFixit, il noto sito che smonta ogni cosa per valutarne la riparabilità, è di livello davvero altissimo.
Il kit completo sta in una unica confezione e ha davvero tutto, ogni punta possibile, pinzette, levette di plastica per aprire i dispositivi senza rovinarli e molta altra roba.
Costa un po’ siamo sugli 80€, io ne ho anche uno economico cinese da pochi euro, ma non c’è storia, quello di iFixit è inarrivabile.
Potrebbe tornarvi utile tenere nei preferiti il sito di ifixit con tutte le guide per riparare ogni cosa, ci sono foto e istruzioni davvero per tutto, sono pazzeschi.
Se andate a casa di qualcuno potrebbe tornare scomodo da portarvelo nello zaino, ma a casa un tappetino di gomma adatto per le riparazioni, con tutte le sedi per mettere le vitine è davvero eccezionale, parte da 8€ e spesso è anche resistente alle saldature.
A volte la luce ambiente non vi basta e vi potrebbe servire avere una luce aggiuntiva. Direte che c’è la torcia del telefono, vero, ma non è comoda, se la dovete appoggiare dentro al case di un pc mentre lavorate con due mani. La piccola torcia di olight, di cui vi ho già parlato, invece è perfetta, si ricarica con USB-C, fa una luce pazzesca, è regolabile, è piccola e comodissima. Di listino fa 50€, ma va spesso in sconto, tenetela monitorata.
Non li usa nessuno, invece servono e tanto. Lasciare casa altrui sporca di sangue perché vi siete tagliati non è una buona idea. Lavorate con dei guanti di protezione, vi lascio il link di un prodotto HiFlex che non sono scomodi quando si maneggia hardware. Usiamo la stessa marca anche in datacenter.
Molto spesso il problema vi porterà a dover fare un backup dei dati del malcapitato e, solitamente, il malcapitato non ha un disco a disposizione. Bene, abbiatelo voi.
Non serve un disco di gran qualità, ma deve essere capiente.
Lo dedicate ogni volta al backup di quel solo cliente, arrivate da lui, lo formattate, ci mettete tutto quello che serve, poi quando avete finito, riversate tutto nel PC sistemato e lo cancellate. Non portatevi mai a casa il disco con i dati del cliente, ripeto, mai. Basta un disco meccanico USB da 2TB.
Io sottintendo che voi andiate dal cliente, amico o parente con il vostro PC, carico, pronto a essere usato.
Per cosa? Per staccare il disco del PC che non funziona, quando si può, per cercare di salvare i dati che si possono salvare. Per fare questo è necessario avere tutti gli adattatori possibili da BUS dei dischi a USB. Serve un SATA con alimentazione per i dischi da 3.5’’, un SATA normale per i dischi da 2.5’’ e un M.2 e NVME per gli SSD di ultima generazione. Arrivare impreparati fa fare brutta figura.
E se il disco non si stacca?
Si deve cercare di partire con una pennetta USB, va preparata a casa prima e va tenuta con cura, pronta in caso di necessità. Prendete una pennetta da 32GB tipo USB-A e anche un adattatore da USB-A a USB-C per i portatili che non hanno più le USB-A. Vi lascio il link, ma ne avrete sicuramente una da riciclare.
Per installare le ISO potete usare il bellissimo Ventoy, che vi permette di avere molte ISO su una sola chiavetta, tra quelle che vi consiglio, io metterei una distribuzione Live di Ubuntu, la Hiren’s boot CD che ha una serie di tools ineguagliabili, RedoRescue per fare il clone dei dischi e Ultimate bootCD.
Se avete problemi con Ventoy, potete sempre avere una chiavetta per ISO e usare Balena Etcher o Rufus.
Se volete fare un po’ di diagnostica elettrica, potrebbe servirvi un tester, Questo è il momento di fare un ottimo acquisto e fare bella figura quando lo estraete, perché il Pokit Pro è fighissimo, molto utile e piccolo da portarsi appresso. Costa 200€, ma è un dettaglio.
Potreste aver bisogno di fare un po’ di diagnostica sulle reti. per questo anche dovreste essere attrezzati con delle cose di base.
Almeno 3 o 4 cavi di rete, se li trovate sottili è meglio, così vi occupano poco spazio nello zaino, difficilmente vi serviranno più lunghi di 2 metri.
Potrebbe tornare molto utile un tester per cavi di rete, non serve roba super professionale, ma che controlli che le coppie siano tutte collegate. Ci sono quelli avanzati che dicono anche dove è interrotto il cavo, ma direi che spendere 1000€ mi pare eccessivo.
Installate e tenete pronto sul computer Wireshark, magari provate a usarlo una volta per capire come si legge una traccia, potrebbe tornarvi utile per capire determinati problemi di rete, un esempio lo potete riascoltare nelle puntate 127 e 128, lo so siamo su cose molto avanzate qui, ma potreste provare a capirci qualcosa a casa, potrebbe essere divertente.
Visto che ormai abbiamo tutti degli switch in casa, è difficile intercettare del traffico che non è dedicato al nostro PC, è necessario intervenire con un trucchetto.
Si deve prendere un piccolo switch gestito, si deve configurare una porta in mirror con un’altra e ci si deve attaccare a quella porta con il PC con wireshark attivo, in questo modo tutti i pacchetti che sono mandati sulla prima porta andranno anche sulla seconda, wireshark li vedrà e potremo fare un po’ di analisi.
E se avete un PC portatile senza scheda di rete ci va un adattatore da USB-C, anche questo, secondo me, indispensabile da tenere in borsa.
Adesso siete pronti, ci va anche una enorme dose di pazienza, per quella, purtroppo, non ci sono link sponsorizzati o codici sconto, non è in vendita.
Ultima nota, sui PC che potreste trovare infestati da ogni schifezza possibile. Da esperimenti fatti e da discussioni avute con amici che lavorano nel settore da anni, è ormai chiaro che il modo migliore per risolvere è fare un backup, cancellare il sistema operativo infestato e reinstallare tutto. Ci va molto meno tempo di mettersi lì a cercare di pulire e il risultato finale è molto meglio.

Questo podcast vive perché io lo produco, lo registro e lo pubblico settimana dopo settimana o quasi. Ma continua ad andare avanti perché la soddisfazione di vedere le notifiche delle donazioni mi spinge a fare sempre nuove puntate, come ringraziamento e impegno nei vostri confronti. Se esce ogni settimana è grazie a voi.
E se donate, compilate il form, vi spedisco anche i gadget, così siamo tutti contenti.
Potete farlo con Satispay, SumUp o Paypal.
Potete partecipare anche usando i link sponsorizzati di Amazon o acquistare la connettività o uno degli altri servizi di Ehiweb, che sponsorizzo con molto piacere da tempo, un gestore di connettività come loro non lo trovate in giro.
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Provateli, non tornerete più indietro.
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Vi sarà capitato, almeno una volta, ma sono sicuro molte di più, che vi abbiano chiesto di inviare copia di un documento per l’attivazione di contratti o altre cose. Prima di inviarli dovreste verificare se davvero serve una copia del documento, per esempio, quando andate in un albergo o altra struttura ricettiva, l’albergatore non deve fare copia del documento, ma solo trascrivere i dati dello stesso.
Una volta avuta certezza che dovete mandare copia del documento, è bene farlo con un’accortezza, non mandatelo pulito, metteteci una filigrana sopra, in modo che se dovesse poi essere usato per scopi illeciti sia un po’ più difficile farlo.
Esiste un sito del governo francese che fa un lavoro egregio.
Caricate il documento, mettete il testo delle filigrana, che di solito è il nome dell’ente o azienda a cui lo mandate e il sito vi restituirà il documento con una bella filigrana su tutto il documento.
Il sito non tiene il documento originale sui suoi server e cancella la versione modificata al download, se non lo scaricate, dopo pochi giorni.
È francese, ma funziona su qualsiasi tipo di documento.

Oggi niente attualità, ma un annuncio diverso dal solito dedicato agli studenti universitari con età compresa tra i 18 e i 25 anni che possono arrivare con mezzi propri a Torino mercoledì 21 maggio 2025.
Google, in collaborazione con TIM e Intesa Sanpaolo sta organizzando un hackathon a tema datacenter.
I partecipanti verranno divisi in squadre e dovranno affrontare alcune sfide basate su hardware di server, switch e configurazioni, fibra ottica e Linux.
La parte tecnica la sto preparando io e vi assicuro che sarà divertente.
La partecipazione è gratuita, l’eventuale viaggio verso Torino è a carico vostro.
Dovete ovviamente sapere un po’ degli argomenti che tratteremo, dovete conoscere l’inglese e non dovete aver partecipato all’edizione di novembre che abbiamo fatto a Milano.
Nelle note vi lascio il link al modulo di iscrizione.
Attenzione che i posti non sono molti.
Se volete, ci vediamo il 21 maggio mattina alle OGR a Torino.

Questa puntata di Pillole di Bit è giunta al termine, vi ricordo che se ne può discutere nel gruppo telegram e che tutti i link e i riferimenti li trovate sull’app di ascolto podcast o sul sito, non serve prendere appunti.
Io sono Francesco e vi do appuntamento tra due settimane, visto che lunedì prossimo è Pasquetta, per una nuova puntata del podcast che, se siete iscritti al feed o con una qualunque app di ascolto vi arriva automagicamente.
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Stories 04/2025 – Margaret Hamilton (corretto)

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Stories 04/2025 - Margaret Hamilton (corretto)
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(seconda pubblicazione, per risolvere il problema sulle piattaforme Spreaker, Spotify e Youtube)
Nel 1969 l’uomo mise piede sulla Luna (sì, davvero, chi non ci crede dovrebbe smettere). Tra tutte le persone che lavorarono al progetto, una delle più importanti fu la Direttrice della divisione di Ingegneria del Software, Margaret Hamilton, che con la sua visione dell programmazione molto avanti nel tempo, evitò che la missione fallisse.

Questa puntata extra è uscita per ringraziarvi della generosità che avete dimostrato nel mese di febbraio 2025, con le vostre donazioni. Ne volete un’altra? Contribuite a riempire il grafico a torta che trovate nella barra laterale del sito, se a fine marzo 2025 arriva al 100%, il primo di maggio 2025 arriva la nuova puntata di PdB Stories.

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Pillole di Bit Stories è un podcast speciale, che esce il primo giorno del mese, come ringraziamento, quando le donazioni superano una certa soglia. Oggi è il primo di Aprile 2025 ed esce perché a Febbraio siete stati davvero molto generosi e ho pensato che fosse dovuto un ringraziamento speciale. E come ringraziarvi, se non con una puntata speciale, diversa dal solito, al di fuori della consueta scaletta?
Grazie, davvero, e buon ascolto di questa puntata dedicata ad una storia dell’informatica
Il 17 agosto 1936, in Indiana nasce Margaret Hamilton, forse il nome vi dice qualcosa, forse no, ma la puntata è qui apposta per raccontarvi una storia, la sua storia che entrerà nelle case delle persone di tutto il mondo con una delle dirette TV più seguite con 900 milioni di telespettatori. E non è il Superbowl.
In quegli anni, una ragazza che voleva studiare materie scientifiche come la matematica, non era molto ben vista, ma suo padre la sostiene e la spinge a fare quello che le piace di più, la passione per i numeri.
Margaret, con grande determinazione, si diploma alla Hancock High School e poi si laurea in matematica all’Earlham College nel 1958.
Durante gli studi conosce suo marito, compagno di vita e avventure professionali.
Dopo la laurea insegna in una scuola superiore, ma la cosa le va un po’ stretta, vuole fare di più e soprattutto vuole lavorare nel settore dell’informatica, all’inizio degli anni 60 in grande espansione.
Per contestualizzare, nel 1958 viene costruito il primo circuito integrato, nel 1960 vengono prodotti i primi chip al silicio e nasce il linguaggio di programmazione Basic.
Nel 1960 Margaret, anzi la dottoressa Margaret Hamilton, si iscrive all’università di Brandeis a Boston per studiare matematica astratta.
Ma quando vede un annuncio al MIT, proprio lui, il Massachusett Institute of Technology, dove si cercavano programmatori per lavorare al sistema anti missilistico SAGE, si candida.
SAGE, acronimo per Semi Automatic Ground Environment è, meglio era, un sistema di controllo dello spazio aereo che, presi i segnali dei radar, li mandava a dei calcolatori sparsi per gli Stati Uniti per creare un sistema di difesa aerea contro attacchi dall’Unione Sovietica. La Guerra Fredda era pervasiva.
Oggi, beh, le cose sono molto diverse, sia a livello tecnologico che politico.
Una brava matematica che non si ferma davanti a niente, molto determinata non può che passare le selezioni ed entrare a far parte del progetto.
Il sistema SAGE si basava su un calcolatore AN/FSQ-7
Qui ci va una parentesi, perché approfondire un po’ sul Army-Navy / Fixed Special eQuipment è d’obbligo.
È il più grande calcolatore discreto mai prodotto, per discreto si intende che usa i dati interi o binari e non valori continui come un sistema elettronico analogico, possiamo definirlo digitale.
Ognuna delle 24 macchine costruite da IBM dal 1955 occupava 2000 metri quadrati, in un campo da calcio ce ne stanno al massimo 3, giusto per farvi un’idea, era composto da 49.000 valvole, consumava 3 megawatt e processava 75.000 istruzioni al secondo.
È stato progettato e costruito proprio per il SAGE e se ne volete vedere uno, lo potete vedere in Wargames, il famoso film, che se non avete visto, bacchettate sulle mani e correte subito a guardarlo.
Se ne volete sapere di più sulle valvole c’è la puntata 15.
Inutile dire che, seppur la guerra sia una cosa oscena da ripudiare, è uno degli eventi un cui l’uomo investe un sacco di soldi ed energie e da questi investimenti escono poi avanzamenti tecnologici e ricadute sulla vita di tutti i giorni, fino a prima, inimmaginabili.
Se ci fate caso lo si vede oggi, non ci sono mai soldi per fare niente per il sociale, per la povertà, per l’ambiente e da un giorno all’altro sono comparti 800 miliardi di Euro in Europa da spendere in armamenti.
Lo vedremo anche con la ricerca spaziale, all’epoca, comunque, parte della Guerra Fredda.
Programmare il calcolatore AN/FSQ7, Q7 per gli amici non è cosa banale, non c’è un linguaggio ad alto livello, come il C o il Basic e un compilatore, ma va tutto scritto in assembly, direttamente in istruzioni macchina, in 0 e 1 o in esadecimale.
Insomma, per chi inizia a programmare uno scalino decisamente alto.
Ma la dottoressa Margaret Hamilton non si scoraggia, abbiamo già visto che non è una persona che si arrende, impara a programmare, lo fa bene e riesce a produrre software affidabile e di alta qualità, questa cosa sarà fondamentale più avanti.
Intanto nel 1961 nasce il programma Apollo, un ambizioso progetto che avrebbe dovuto portare gli uomini a passeggiare sulla Luna.
Il primo che dice che non ci siamo mai stati va a fare la fine che hanno fatto gli astronauti prima di Gagarin, chiaro?
L’obiettivo era riuscire a mettere i piedi sulla luna entro la fine del decennio, tutti sappiamo che nel 1969 la missione ha avuto successo per la prima volta.
Lo hanno visto in diretta 900 milioni di persone.
Quel giorno, a seguire sul posto c’era anche un giovanissimo Piero Angela, inviato dalla RAI.
Il programma ha generato investimenti enormi in ogni ambito tecnologico, affrontare lo spazio era, ed è ancora oggi, una cosa molto complicata.
Nel 1963 Margaret, tramite un laboratorio del MIT, entra come direttrice della divisione dell’ingegneria del software del programma Apollo.
Adesso noi viviamo attorniati dal software, devo dire, spesso software di pessima qualità.
Voi però pensate a un oggetto che doveva partire dalla terra e arrivare sulla Luna, innovativo per l’epoca, dove il software era fondamentale per una buona parte di tutte le fasi della missione, dalla gestione dei motori, alla navigazione alla gestione del supporto vitale.
Il tutto, per entrare in qualche dettaglio tecnico, su un calcolatore, l’AGC Apollo Guidance Computer, che aveva un processore da 2 Mhz, 4 KB di RAM e 72 KB di memoria non volatile.
Pesava 32Kg ed era grande 61x32x17cm
La memoria non volatile, chiamata core rope memory, era una serie di piccole bobine di rame una in fila all’altra, anche usata per i più famosi UNIVAC e UNIVAC2
Era programmato in un linguaggio di programmazione sviluppato al MIT, proprio dal team di Margaret Hamilton, chiamato AGC assembly language.
Forse conoscete la famosa foto con Margaret accanto al listato dell’intero codice stampato su vari blocchi di fogli alti come lei, ma se lo volete leggere, adesso è disponibile su github, il link, insieme a molti altri che ho usato come fonti, è nelle note della puntata.
Per paragone, Il primo Arduino, il Duemilanove aveva meno RAM e ROM del sistema montato su Apollo, ma andava a 16Mhz invece di 2.
L’attuale Arduino Uno R4 minima, un microcontrollore che usiamo per progetti a scuola e a casa, è grande 7×5 cm, pesa pochi grammi, costa 22€ e supera di gran lunga tutte le specifiche del computer montato su Apollo.
Abbiamo portato 3 uomini sulla Luna con un Arduino.
Questa cosa mi fa diventare pazzo.
Ovviamente nello spazio gli stress fisici sono diversi che a casa, una scheda da pochi € non resisterebbe neanche al decollo credo, ma il fatto che adesso per avere più prestazioni dell’epoca ci vadano davvero due spicci, rugged a parte, se ci pensate, è pazzesco.
Ed è più pazzesco con quali prestazioni sono riusciti ad arrivare fino lì. Non è prendere l’autostrada e fare Milano-Mosca. Sono andati sulla Luna, a 384.000 km di distanza, in un posto senza atmosfera.
Torniamo a Margaret Hamilton, per il progetto Apollo dirige centinaia di programmatori per un compito molto complesso, il software deve gestire tutti i parametri del volo, li deve gestire in contemporanea e deve essere anche in grado di gestire eventuali errori del sistema, che possono essere di ogni tipo e inaspettati. Lassù non si può mandare nessuno a riparare le cose che non vanno. Avete mai visto il film Apollo 13?
Durante il progetto Margaret si batte strenuamente per far riconoscere lo sviluppo software come elemento critico dei sistemi complessi, fino a quel periodo era relegato in secondo piano, la parte di maggior importanza era sempre stata data all’hardware.
Diciamo che ha visto il futuro.
Il 20 luglio 1969, il mondo intero era con il fiato sospeso mentre Neil Armstrong e Buzz Aldrin si preparavano ad allunare con il modulo lunare Eagle. Durante la fase di discesa, si verifica un problema tecnico: un radar acceso per errore sovraccarica il computer di bordo, mandandolo in allarme. Vista la poca capacità di calcolo, ogni attività in più da calcolare era un problema.
Questo avrebbe potuto compromettere l’intera missione, ma il software sviluppato dal team di Margaret Hamilton è stato concepito in modo efficace e molto avanzato, rispetto al periodo. Grazie al sistema di gestione degli errori e delle priorità dei processi, il software riesce a gestire il sovraccarico, dando la precedenza alle funzioni critiche per l’allunaggio.
Il computer, gestito dal software, a questo punto il vero punto critico del sistema, invece di bloccarsi o ignorare l’errore, riconosce la situazione critica e decide di ignorare i compiti meno importanti, concentrandosi sulle funzioni essenziali per l’allunaggio. Questo permette ad Armstrong e Aldrin di atterrare sani e salvi sulla superficie lunare, realizzando un sogno che aveva affascinato l’umanità per secoli.
Queste le parole di Margaret Hamilton:
A causa di un errore nella checklist riportata in un manuale, l’interruttore del radar di rendezvous era stato impostato in una posizione sbagliata. Ciò aveva causato l’invio di comandi fuorvianti al computer. Il risultato fu che al computer venne richiesto di svolgere tutte le sue normali operazioni per l’atterraggio, ricevendo anche un carico supplementare di dati spuri da processare, che avevano però consumato il 15% in più delle sue risorse. Il computer (più precisamente, il suo software), riconobbe che gli era stato richiesto di svolgere più task di quanti ne avrebbe dovuti eseguire. Avvisò quindi della situazione con un allarme, che per gli astronauti doveva essere interpretato come “sono sovraccaricato con più task di quelli che dovrei svolgere in questo momento, manterrò attivi solo quelli importanti (ad esempio quelli necessari per l’atterraggio)”. […] Infatti il computer era stato programmato per fare molto più che riconoscere possibili casi di errori. Una serie completa di programmi di ripristino era stata inclusa nel software. L’azione del software, in questo caso, fu di escludere i task a bassa priorità e ripristinare quelli più importanti. Il computer, invece di causare un’interruzione, la impedì. Se il computer non avesse riconosciuto questo problema e avviato le opportune azioni di ripristino, dubito che l’allunaggio dell’Apollo 11 avrebbe avuto successo.
La carriera della dottoressa Margaret Hamilton non finisce con le missioni Apollo, è diventata una delle pioniere della programmazione, ha influenzato il modo di programmare, ha introdotto i concetti innovativi di gestione e prevenzione degli errori e di verifica formale del codice, cose che prima erano ignorate.
Ha ricevuto molti premi per la sua brillante carriera, sia da parte della NASA che dagli Stati Uniti.
Aggiungo una piccola postilla, per tutti quelli che pensano che la ricerca spaziale sia sempre un grande spreco di soldi e basta.
Abbiamo scoperto che per le missioni Apollo abbiamo avuto un balzo avanti nella programmazione del software, software che oggi è pervasivo.
Sulla luna hanno camminato 12 persone, per dovere di cronaca, con le missioni di Apollo 11, 12, 14, 15, 16 e 17, dal 1969 al 1972. Da allora nessun uomo è più andato sulla Luna.
Per fare tutte queste missioni sono stati spesi un sacco di soldi in ricerca, ricerca che è ricaduta sull’uso quotidiano di un sacco di cose. Queste sono alcune invenzioni delle missioni Apollo che usiamo ancora oggi
Le copertine metalliche leggerissime oro da un lato e argento dall’altro che vedete usare in ambulanza per raffreddare o riscaldare i pazienti.
Il cibo sottovuoto
L’idea di progettare solette per le scarpe con capacità di assorbire gli urti
Abiti resistenti al fuoco, li svilupparono dopo che l’equipaggio di Apollo 1 morì arso
La pompa per l’insulina
Le lenti resistenti ai graffi
I sistemi di assorbimento per le vibrazioni oggi usati negli edifici per la resistenza ai terremoti
Il sistema Lasik per tracciare la posizione degli occhi, adesso largamente usato nella chirurgia oculare con il laser
Le celle fotovoltaiche
Le cuffie con microfono senza fili
Tecnologia migliorata sugli pneumatici, in uso ancora oggi
L’asfalto drenante
Il memory foam
I purificatori d’aria
Se volete saperne di più su Apollo e quella volta che l’uomo ha messo piede sulla luna, vi consiglio due contenuti multimediali.
Il primo è solo audio, la puntata 56 di Orazio, podcast del Post con la voce di Matteo Caccia, nel quale una delle due storie verte su Michael Collins, che rimase sul modulo di comando ad aspettare il rientro del modulo di allunaggio.
Il secondo è una puntata del 2019 di Ulisse, condotto da Alberto Angela, che, insieme a Piero Angela, ripercorrono tutto il viaggio per arrivare sulla luna, nel 1969, lo trovate su raiplay.
E a chiusura di tutto questo, è notizia di marzo, che c’è una nuova sonda, allunata con successo, di una agenzia spaziale privata, che sta facendo vari esperimenti e che ha anche parte di una tecnologia italiana a bordo, per la localizzazione sulla luna usando parte dei segnali dei satelliti GPS che usiamo per la localizzazione sulla terra, vi lascio nelle note un video in alta definizione delle ultime fasi con l’allunaggio, una cosa pazzesca.
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Se a fine mese la quantità di donazioni raggiunge una certa soglia, mi impegno a fare una puntata extra, per il primo del mese successivo, dedicata ad una storia dell’informatica, per ringraziarvi della generosità.

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