#377 – Cos’è il cloud 3 – I datacenter

Pillole di Bit
Pillole di Bit
#377 - Cos'è il cloud 3 - I datacenter
Loading
/

La puntata, la terza di una serie di cinque dedicate al cloud, si concentra sull’importanza e il funzionamento dei data center, descrivendone la struttura, i sistemi di sicurezza, l’alimentazione, il raffreddamento e le connessioni di rete. Vengono affrontati anche temi come l’elevato consumo energetico e idrico di queste strutture.

Per leggere lo script fai click su questo testo

Questa è la terza puntata di una serie di 5, siamo a metà, spero non vi stiate annoiando, se lo siete adesso, credo ci risentiremo tra 3 settimane e mi spiacerebbe.
Se non avete ascoltato le prime due puntate, questa si apprezza meglio se andate ad ascoltarle, ovviamente.
Dopo aver parlato di cosa c’era prima del cloud e del mattone fondamentale dei servizi cloud, il server, oggi parliamo del posto dove tutto vive, si accende, fa rumore e genera calore, il posto più inospitale per l’uomo dopo il cratere di un vulcano e la pista di un circuito di Formula 1 durante una gara: il datacenter.
Noi che ci lavoriamo dentro, abbiamo a che fare con dispositivi di rete, cavi, fibre, server e dischi.
Non badiamo a mucche, galline e anatre, solo per chiarire, dopo l’uscita di qualche settimana fa del ministro del MIMIT, che ha chiamato i datacenter fattorie per l’intelligenza artificiale.

Questa puntata è stata registrata con largo anticipo, non c’è la lista delle donazioni che arriverà cumulativa la prossima puntata. Se avete donato vi ringrazio come sempre tantissimo e non preoccupatevi, verrete ringraziati come promesso.
Questa è l’ultima puntata che ho registrato con anticipo per gestire la pausa estiva e le mie vacanze, dalla prossima torna tutto normale.

Prima di iniziare, vi ricordo che potete contattarmi in mille modi, se preferite i social, su Bluesky sono francesco.iltucci.com, su Mastodon sono cesco_78 sull’istanza mastodon.social o pilloledibit sull’istanza hackyderm.io. Non ho altri social.
Se preferite la mail potete scrivere a [email protected]. Trovate tutti i link comodi comodi sull’app dalla quale state ascoltando la puntata o sul sito, rispondo sempre, se siete educati.
Il metodo migliore è iscriversi e usare il gruppo Slack attivo durante tutta la settimana, dove si parla delle puntate e di tecnologia in generale, lo trovate a pilloledib.it/slack, mi raccomando, all’ingresso vi sarà chiesto di compilare un rapido modulo per presentarvi e per confermare di aver letto il regolamento, non spaventatevi.

Tutti ne parlano e ne parlano sempre in malo modo, nel senso che li odiano.
Ma alla fine, se ci pensate, odiare un datacenter con uno smartphone in mano è come odiare gli aerei mentre si pianifica un viaggio dall’Europa al Giappone.
E anche se non avete uno smartphone, qualcuno dei servizi che usate, direttamente o indirettamente, funziona perché, da qualche parte nel mondo, c’è qualcosa di acceso dentro uno o più datacenter.
Se un servizio è acceso dentro un solo datacenter c’è un problema.
Un datacenter, visto da fuori, di solito è un capannone anonimo con tubazioni e impianti.
Alcuni provider ci mettono l’insegna altri no.
Partendo dall’esterno, considerando il suo contenuto, c’è un perimetro controllato giorno e notte da guardie di sicurezza. Se non si è autorizzati non si entra, un po’ come in una banca.
Non sono soldi, ma i dati e la loro disponibilità hanno un valore molto elevato.
Varcato il cancello, prima di accedere ai locali dove ci sono le macchine si devono passare altri livelli di sicurezza, anche per uscirne in realtà, vi lascio un video interessante nelle note.
Nei datacenter ci sono i server di cui abbiamo parlato nella scorsa puntata, tutta l’infrastruttura di rete che permette loro di essere connessi ad altri server e alla rete Internet, per essere raggiunti dal resto del mondo e tutto il sistema di raffreddamento.
Per far funzionare tutto questo serve l’alimentazione, molta alimentazione, con tutti i sistemi di sicurezza che servono per evitare che il datacenter si spenga in caso di blackout.
Un pezzo per volta.
Partiamo dall’alimentazione, che senza di questa niente funziona.
I datacenter non si misurano in metri quadri o in numero di server al loro interno, ma in energia impegnata, solitamente in Megawatt.
Uno piccolo è sotto i 5 MW
Uno medio è circa 20MW
Un grande datacenter può arrivare a 300MW, ma anche molti di più, sempre di più
Per riferimento, il contratto di casa vostra, in media è di 3kW, un datacenter piccolo impegna energia pari a circa 1700 appartamenti.
In Italia, nel 2025, si stima che il totale dei datacenter impegni circa 550MW
Alla potenza nominale si deve aggiungere l’energia che serve per far funzionare i servizi, la parte più grande la fa il raffreddamento, dobbiamo moltiplicare per un fattore indicativo di circa 1,4.
Se la struttura non è efficiente questo fattore è più alto, se è molto efficiente il fattore può scendere anche fino a meno di 1,1.
In caso di mancanza di corrente dalle linee di alimentazione ci sono di solito dei gruppi batteria, tipo gli UPS che avete a casa, ma molto più grandi, che tengono tutto acceso il tempo necessario per permettere ai generatori a combustione di avviarsi per alimentare tutto fino al ripristino della fornitura elettrica.
Un generatore da 2MW, in 24h a pieno carico consuma circa 10.000 litri di carburante, così per dare due numeri.
Capita che, a causa di problemi gravi, un datacenter cada, per questo, tutti i player del mercato ne hanno molti, sparsi in tutto il mondo, se uno cade, ci sono gli altri, dove i servizi sono genericamente in replica.
Qualche disservizio arriva, non è mai uptime del 100%, nessuno lo potrà mai garantire.
Il secondo servizio, per importanza, è il raffreddamento.
Se il vostro PC a casa scalda, ha bisogno di qualche ventola e in estate lo patite un po’ perché contribuisce al riscaldamento della stanza, pensate a un posto pieno di server che generano enormi quantità di calore.
Questo calore in qualche modo va smaltito.
Nei datacenter piccoli bastano i chiller, enormi moduli di condizionamento tipo quelli che avete a casa, in quelli grandi, il raffreddamento si fa con l’acqua, non so se vi ricordate la vecchia pubblicità del Pinguino che diceva che per il super freddo va ad acqua, ecco.

Per questo, uno dei problemi ambientali dei datacenter, sempre più pressante con l’AI, che usa chip che scaldano moltissimo, è il consumo di acqua, che i datacenter prendono dai fiumi e restituiscono, di solito, sensibilmente più calda. Si parla di milioni di metri cubi all’anno.
Abbiamo un posto grande, sicuro, alimentato e raffreddato.
Va connesso al resto del mondo.
A casa arrivano connessioni da qualche decina di Mbps fino a qualche Gbps.
Per collegare un datacenter, visto tutto quello che ci va dentro e le sue necessità, parliamo di Tbps, ma non solo uno, molti, moltissimi. E da più fornitori e da altri datacenter.
Se muore una linea non ce n’è una di scorta, ce ne sono molte.
Inizia a essere chiara la differenza che c’è tra il servizio che ospitate a casa vostra o anche nella sala server della vostra azienda, e quello che viene messo dentro un datacenter.
Per spegnere un datacenter devono succedere cose enormi.
Per spegnere i servizi a casa vostra basta un soffio di vento.
Per usare una parola che non a tutti piace, il datacenter è resiliente.
All’interno, ben ordinate, ci sono file lunghissime di armadi rack, che contengono i dispositivi che poi serviranno a far funzionare tutto il software che eroga i servizi che noi tutti usiamo.
Negli armadi rack ci sono i server, i dischi e i dispositivi di rete che gestiscono sistemi operativi, software e connessioni.
Per la gestione di tutti questi sistemi molto complessi ci sono team di persone specializzate, ognuna in un settore, l’hardware, i sistemi operativi, lo strato applicativo, la sicurezza dei dati, la sicurezza fisica, la rete, la cybersecurity e ancora molti altri.
Questi team lavorano sempre, giorno e notte, tutti i giorni.
Nei sistemi a casa vostra ci siete solo voi.
Questa era solo una panoramica dei datacenter in generale, si potrebbe scendere ancora più nel dettaglio, ma queste sono le informazioni che vi servono per comprendere cos’è il cloud, e non posso di certo fare una puntata di 5 ore.

Questo podcast vive perché io lo produco, lo registro e lo pubblico settimana dopo settimana o quasi. Ma continua ad andare avanti perché la soddisfazione di vedere le notifiche delle donazioni mi spinge a fare sempre nuove puntate, come ringraziamento e impegno nei vostri confronti. Se esce ogni settimana è grazie a voi.
E se donate, compilate il form, vi spedisco anche i gadget, così siamo tutti contenti.
Potete farlo con Satispay, SumUp o Paypal.
Potete partecipare anche usando i link sponsorizzati di Amazon o acquistare la connettività o uno degli altri servizi di Ehiweb, che sponsorizzo con molto piacere da tempo, un gestore di connettività come loro non lo trovate in giro.
Oltre alla connettività per casa FTTH o FTTC, hanno le SIM, posano fibra dedicata per le aziende, fanno servizio VoIP, hanno un supporto spaziale e tutti i loro dipendenti sono assunti a tempo indeterminato.
Provateli, non tornerete più indietro.
E se avete bisogno di un servizio di Hosting, andate da ThridEye, che ospita da anni il sito del podcast, ho fatto la mia scelta e anche qui il livello è altissimo, i contatti sono sul sito.

A novembre 2025 Pillole di Bit compie 10 anni.
La puntata del compleanno sarà una puntata speciale e la mia intenzione è prepararla insieme a voi.
Sarà una puntata del tipo Ask Me Anything, per gli amici AMA, potete chiedermi tutto quello che volete e io risponderò in puntata. Come si fa?
Fino al 13 ottobre 2025 potete mandarmi una mail a [email protected] con la vostra domanda.
La casella di posta sarà in evidenza nelle note degli episodi.
Accetto solo domande che arrivano a quella casella di posta in forma scritta, firmate con nome e cognome.
Alle prime 10 domande che arrivano e che contengono anche un indirizzo postale spedisco un piccolo regalo di ringraziamento.
Nella puntata del 17 novembre risponderò a quante più domande possibili.
Attendo tutte le vostre domande!
Grazie!

Se avete un iPhone avrete sentito parlare degli airtag. Si attaccano a un oggetto come un mazzo di chiavi, uno zaino una bici, poi, quando vi allontanate da questo oggetto, se non in una zona franca, il telefono, con i suoi tempi vi avvisa e se smarrite l’oggetto potete cercare di recuperarlo, perché viene localizzato via bluetooth da ogni iPhone del mondo che gli passa accanto.
Sul sito Apple un airtag costa 40€, il set da 4 invece 130€.
Su amazon si trovano dei compatibili che funzionano bene, manca solo la localizzazione di prossimità con la freccia che indica dov’è e la distanza, a prezzi più bassi, con 40€ ve ne portate a casa 4.
Ho scoperto che si può spendere ancora di meno.
Mentre accompagnate la vostra compagna in un negozio Action, se non ne avete uno nelle vicinanze potete ritenervi fortunati, guardate la corsia della tecnologia.
Hanno dei dispositivi compatibili airtag, uno di forma tonda con batteria a bottone e uno di forma a carta di credito con batteria ricaricabile. Quest’ultimo perfetto per essere messo nel portafogli.
Funzionano, li ho provati, e costano meno di 7€ l’uno.

Questa puntata di Pillole di Bit è giunta al termine, vi ricordo che se ne può discutere nel gruppo Slack e che tutti i link e i riferimenti li trovate sull’app di ascolto podcast o sul sito, non serve prendere appunti.
Io sono Francesco e vi do appuntamento a lunedì prossimo per una nuova puntata del podcast che, se siete iscritti al feed o con una qualunque app di ascolto vi arriva automagicamente.
Se volete partecipare alla realizzazione della puntata speciale di Pillole di Bit Stories, andate su pilloledib.it/sostienimi e fate la vostra parte, se a fine mese il cerchio delle donazioni di riempie, realizzerò la puntata speciale.

Grazie per avermi ascoltato

Ciao!

Il sito è gentilmente hostato da ThirdEye (scrivete a domini AT thirdeye.it), un ottimo servizio che vi consiglio caldamente e il podcast è montato con gioia con PODucer, un software per Mac di Alex Raccuglia