#335 – Piracy Shield enhanced

Pillole di Bit
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#335 - Piracy Shield enhanced
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Usando un decreto con leggi a tema fiscale, hanno inserito degli articoli nuovi, atti a modificare il funzionamento del Piracy Shield, quella legge assurda, che in nome del contrasto alla pirateria, sta facendo danni enormi al funzionamento di base di Internet in Italia

Fai click su questo testo per leggere lo script della puntata

Alla legge 22 aprile 1941, n. 633, dopo l’articolo 174-quinquies, è aggiunto il seguente:
Art. 174-sexies

1. I prestatori di servizi di accesso alla rete, i soggetti gestori di motori di ricerca e i fornitori di servizi della società dell’informazione, ivi inclusi i fornitori e gli intermediari di vpn (virtual private network) o comunque di soluzioni tecniche che ostacolano l’identificazione dell’indirizzo IP di origine, gli operatori di content delivery network, i fornitori di servizi di sicurezza internet e di DNS distribuiti, che si pongono tra i visitatori di un sito, e gli hosting provider che agiscono come reverse proxy server per siti web, quando vengono a conoscenza che siano in corso o che siano state compiute o tentate condotte penalmente rilevanti ai sensi della presente legge, dell’articolo 615-ter o dell’articolo 640-ter del codice penale, devono segnalare immediatamente, all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria tali circostanze, fornendo tutte le informazioni disponibili.

2. I soggetti di cui al comma 1 devono designare e notificare all’Autorità un punto di contatto che consenta loro di comunicare direttamente, via elettronica, con l’Autorità medesima ai fini dell’esecuzione della presente legge. I soggetti di cui al comma 1 che non sono stabiliti nell’Unione Europea ma che offrono servizi in Italia devono designare per iscritto, notificando all’Autorità il nome, l’indirizzo postale e l’indirizzo di posta elettronica, una persona fisica o giuridica che funga da loro rappresentante legale in Italia, che consenta loro di comunicare direttamente, via elettronica, con l’Autorità medesima ai fini dell’esecuzione della presente legge.

3. Fuori dai casi di concorso nel reato, l’omissione della segnalazione di cui al comma 1 e della comunicazione di cui al comma 2 sono puniti con la reclusione fino ad un anno. Si applica l’articolo 24- bis del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

Questo è un emendamento all’interno del decreto Omnibus 1222 del 2024, uno di quei decreti che sono un po’ come la cena della domenica sera, apri il frigo, guardi quello che c’è e mangi di tutto un po’. Sarebbe per temi fiscali urgenti e ci hanno messo roba del Piracy Shield.
Il testo credo sia un po’ come Matrix, va riletto o ascoltato più volte per capirne la portata, vi lascio il link direttamente ai canali istituzionali.
Adesso vi faccio sentire due commenti della discussione in Senato.
Lo so, sembra strano, in questo podcast non parlo mai di politica, me lo sono imposto, qui si parla di tecnologia, ma quando la politica arriva a distruggere Internet non se ne può fare a meno, mi spiace.
Il primo pezzo è di Lotito di Forza Italia, non solo, è il presidente della Lazio e il proprietario della Salernitana, magari vi si accende una lampadina.

( audio di Lotito )

Il secondo di Nicita, del PD

(audio di Nicita )

Tiriamo le fila, lo faccio qui perché sono arrabbiato, perché stanno facendo un danno enorme a Internet in Italia e perché nella stampa generalista non ho letto niente, la gente che non segue la stampa di settore non lo sa, anche se verremo tutti impattati.
A cosa serve questa enorme fesseria del Piracy Shield? Dovrebbe servire a contrastare in modo attivo, puntuale e risolutivo la pirateria sullo streaming delle partite di calcio.
Se state pensando che tanto voi non guardate il calcio, men che meno con qualche trabiccolo pirata, per questo non siete coinvolti, vi sbagliate, ma alla grande.
Se violate un articolo del codice della strada, vi beccano, dalla targa le forze dell’ordine, uniche titolate a farlo, risalgono a voi e vi fanno la multa.
Con questa legge, come vedremo, se state facendo una cosa che assomiglia, eh guardando bit crittografati e log la certezza non è così matematica, a guardare streaming pirata, un soggetto che non sono le forze dell’ordine può comminarvi una multa.
Spoiler veloce.
Il vecchio sistema ha rotto le scatole a mezza Internet, bloccando siti e servizi legittimi e non ha alzato di una virgola il fatturato dei servizi di streaming, al punto che dall’anno scorso a quest’anno hanno alzato gli abbonamenti del 40%
Direi che non è servito.
Chi vuole pagare l’abbonamento continua a farlo.
Chi non vuole continua a cercare i modi per usare il pezzotto e per aggirare i blocchi, che, come al solito, fanno male solo a chi usa Internet in modo diligente, anche se del calcio non gli interessa niente, come chi vi sta parlando.
Avevo già parlato di questa schifezza contro la pirateria del calcio nelle puntate 269 e 310.
Continuo a sottolineare che la pirateria va contrastata e combattuta, ma ci sono modi e modi, questo non è il modo giusto.
Con questo nuovo emendamento le idiozie si sono alzate di livello.
Guardiamole insieme.
Il nuovo articolo dice “quando vengono a conoscenza che siano in corso o che siano state compiute o tentate condotte penalmente rilevanti ai sensi della presente legge”
La rete IP, quella che usiamo noi per navigare su Internet, funziona in modo abbastanza lineare.
Ve la descrivo un po’ più semplice della realtà, eh?
Il pacchetto che parte dal mio computer, una volta uscito dal router, ha nel suo header, l’intestazione, l’IP pubblico di partenza e quello di destinazione, oltre alla porta. I vari router nel mondo, in base a questi due indirizzi, lo mandano a destinazione e lo fanno tornare indietro.
L’IP di destinazione lo ha cercato il mio computer facendo una chiamata al server DNS, quello che converte il nome di un sito nel suo indirizzo IP.
Il DNS ha un log che dice da quale IP sono state fatte le richieste di conversione dei nomi
Il vostro ISP, Internet Service Provider, ha un log della vostra navigazione, non perché vi spia, ma perché, in caso di richiesta dell’autorità giudiziaria, deve poter indicare chi ha fatto accesso a un certo sito a seguito di un’attività delittuosa, come un attacco informatico o un accesso a un sito pedoporonografico.
I siti di destinazione hanno i log di chi accede loro.
Adesso i log ci sono, stanno lì e vengono controllati dalle autorità, a posteriori, in caso di accertamento su un illecito.
La navigazione ormai è tutta su https, tutti i pacchetti sono criptati, il contenuto, payload in gergo tecnico, non è visibile a nessuno, in nessun modo.
Per poter vedere il contenuto si dovrebbe mettere un certificato farlocco sul browser, ma non è questo il momento, per adesso.
Si vedono solo IP di partenza e IP di arrivo.
Nell’header del pacchetto dovrebbe esserci anche il nome del sito, ma se navigate in https, anche il nome è crittografato, in chiaro ci sono solo gli IP di partenza, di destinazione e la porta.
Questi dati, ovviamente li vede ogni router che fa passare il pacchetto da casa vostra a destinazione.
Anche se usate il browser in navigazione in incognito.
Se da casa vostra si vede un pacchetto che va verso 66.254.114.41 è uno degli IP di pornhub, per esempio.
Adesso immaginiamo che voi siate abbonati al pezzotto.
Con la vecchia legge beccavano un IP da cui veniva trasmesso il pezzotto e, in teoria, se da quell’IP veniva solo trasmesso il pezzotto, questo veniva bloccato per tutta l’Internet Italiana, ogni provider doveva impedire l’accesso a quell’IP.
Solo, perché la legge prevedeva l’esclusività della trasmissione pirata per quell’IP
Qualche volta hanno bloccato un IP di una CDN, dal quale uscivano migliaia di siti e sono andati tutti giù.
Non hanno neanche chiesto scusa.
Gli ISP non possono opporsi, devono bloccare.
E la decisione non è vagliata da poteri giudiziari, è tutto tra privati, Lega calcio, detentori dei diritti, AGCOM.
Se sbagliano, nessuno paga.
Tra l’altro, adesso la nuova legge ha cambiato una parolina, il testo che diceva che l’IP deve trasmettere esclusivamente streaming pirata per essere bloccato, adesso l’IP deve trasmettere prevalentemente streaming pirata. Sperate di non avere un vostro sito o servizio su un IP condiviso che qualcuno userà per fare diffusione di calcio pirata, lo trovano, lo bloccano e bloccano anche voi.
Torniamo a noi.
Durante una partita identificano un IP che trasmette quello che non dovrebbe, lo comunicano agli ISP, che lo bloccano.
Ma visto che se gli ISP non controllano e non segnalano condotte penalmente rilevanti rischiano la galera, non una multa all’azienda, il legale rappresentante va in carcere, sono molto invitate a fare una cosa davvero odiosa: andare a fare delle query nei log.
Arriva la segnalazione e attivano una query su chi stava accedendo a quell’ip nell’ultima mezz’ora, poi fanno la segnalazione ad AGCOM, che fa la multa, come pare abbiano detto loro, in modo automatico. Sull’automatico ci torniamo tra un attimo.
E se l’IP bloccato era condiviso e a te, che del calcio non interessa nulla o, peggio, hai l’abbonamento, ma in quel momento eri collegato a quell’IP per uno degli altri servizi diffusi dall’IP in questione?
Se qualcuno si sbaglia e ti manda la multa ti tocca un ricorso al TAR, che costa qualche migliaio di euro.
Ma il log non è una cosa che normalmente può essere controllata solo dall’autorità giudiziaria in caso di indagini?
Esatto, ma il calcio vince su tutto.
E il garante privacy non dice niente.
Ma non è ancora finita.
Per nascondere la navigazione all’ISP, che così non ha più il log di dove si sta andando, si può usare una VPN e un DNS over https.
In questo caso l’ISP ha solo visibilità di pacchetti criptati, perché tutto viene nascosto da https per le richieste DNS e da un tunnel per la VPN, si vedono solo i pacchetti verso il server VPN e solo quelli.
Ma la legge è furba e dice che anche i gestori di VPN da adesso devono avere un legale rappresentante in Italia che va in carcere se la VPN non fa la stessa cosa dell’ISP, controllare i log.
Eh, sì, avete sentito bene.
La VPN deve recepire il blocco degli IP così come comunicato da AGCOM e dalla Lega Calcio, in modo che anche chi usa VPN per eludere i blocchi, uscendo da paesi diversi dall’Italia non possa vedere lo streaming illegale.
Vi anticipo, certo, anche le VPN che hanno sede legale in altri Paesi, come la Svizzera, Panama o altri.
Smettete di ridere! Non ho finito!
Anche i gestori delle VPN e di DNS, dopo aver recepito i blocchi, tutti, eh? in qualunque parte del mondo siano, devono controllare i log e vedere chi sta cercando di comunicare con gli IP che fanno streaming.
La vostra VPN vi ha sempre detto che non tiene log e non controlla dove andate a cosa fate? Eh, da ora in poi, per volere di Lega Calcio, AGCOM, detentori dei diritti e la Legge Italiana i log vanno tenuti e anche controllati, per andare a riferire. Se no, anche loro, un anno di carcere.
Lo so che state ancora ridendo, lo so.
La legge c’è, chiede questo, anche se è impossibile attuarla. Li vedo ad andare a fare una rogatoria a Panama.
Hanno anche imposto per legge, che ogni VPN, DNS e altri servizi che fanno da, passatemi il termine, passaggio di dati e che mascherano gli IP che arravano su un certo servizio, debbano avere un legale rappresentante in Italia che possa comunicare agevolmente con AGCOM ed eventualmente essere arrestato.
Ma possono chiedere all’ISP “senti un po’, ma perché non mi hai detto che tutte queste persone, durante una partita di calcio, stavano usando una VPN? Lo sai che è un comportamento che potrebbe essere illecito?”
Ed ecco una nuova query sui log per gli ISP e VPN che non vogliono andare in galera.
E le multe?
Pare che AGCOM abbia in mano dati dei pagamenti fatti per avere il pezzotto recuperati dai servizi trovati e chiusi nel tempo.
Adesso, in base ai log che riceveranno da ISP e VPN, potranno fare il match e andare a pescare chi ha pagato, se sta usufruendo e mandargli la multa.
Chi ha proposto queste leggi, chi le ha recepite, chi le ha scritte, chi le ha votate, ha creato almeno due enormi problemi.
Il primo, assolutamente folle, in un paese ancora democratico, è un sistema di controllo della navigazione in mano ai privati e non alla giustizia, con blocchi e multe comminate in modo arbitrario, no, non mi dite che sono multe corrette come un velox verificato e certificato che fa la foto di una targa che fa a 150 dove il limite è 90.
Un sistema simile, quando sarà necessario, sarà perfetto per il controllo totale.
Il secondo, ridicolo e inapplicabile, è quello di chiedere il controllo ad enti che non hanno sede qui e che di fatto non sono raggiungibili e non gli si può effettivamente chiedere niente.
Hanno anche variato il blocco IP, adesso non è più permanente, ma un IP, appurato che non trasmetta più flussi pirata, può essere sbloccato dopo sei mesi.
Il nome a dominio può anche essere sbloccato, entrambi dal registro dei domini, che in tutta questa cosa non c’entra assolutamente niente.
Nessun consulente ha detto loro che una volta bloccato un IP pubblico, il flusso passerà su un altro IP pubblico in pochi minuti e quello bloccato non sarà mai più usato per fare streaming, bloccarlo per 6 mesi è completamente inutile, oltre che dannoso, come abbiamo già visto più volte.
Il rischio è che il prossimo passo sia un blocco totale dei pacchetti VPN durante le partite di calcio da parte di tutti gli ISP italiani, sarebbero capaci di farlo, sicuramente, rompendo un sacco di cose, o, alla fine, avremo tutti 10€ al mese di tassa su ogni connessione come parziale rimborso per lo streaming illegale, alla pari di quel furto che è l’equo compenso sullo storage dato alla SIAE.
Tutto questo per salvare il mercato del calcio dalla pirateria, quando i servizi ufficiali costano sempre più cari.
Possono fare tutte le leggi che vogliono, tecnicamente ci sarà sempre un modo per aggirare i blocchi e per avere una trasmissione pirata, lo facevano le radio negli anni 70, si farà sempre di più nel digitale.
Non sto giustificando la pirateria, sia chiaro, ma rompere le scatole a tutti in modo pericoloso e dannoso per cercare di arginare una cosa che non può essere arginata in questo modo è il sistema più sbagliato che ci sia.
Vi ricordate quanta pirateria musicale c’era un tempo? WinMx, Napster e tutti i cugini e fratelli.
Poi Apple ha lanciato iTunes con la possibilità di comprare i brani singoli a 1€ ciascuno.
E dopo è uscito Spotify, con 10€ al mese o gratis con la pubblicità si ascolta tutta la musica che si vuole.
Pirateria crollata.
Mai imparare dai buoni esempi, eh?
35€ al mese per vedere neanche tutte le partite su un solo dispositivo per volta, per vederle tutte servono tre abbonamenti, non mi pare sia equivalente ad aver imparato, ecco.
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Ho dovuto cercare un tip che sia a tema col calcio. Per me che non seguo questo sport o macchina da soldi, che dir si voglia, non è stata una cosa facile.
Poi, non so per quale motivo, il mio cervello è tornato indietro di una trentina di anni e mi sono ricordato che esiste un gioco da tavola, bellissimo, che replica il calcio, con 22 pupi in campo, un palla e il gioco col tocco delle dita: il Subbuteo.
Che ci crediate o no esiste ancora.
Su Amazon la scatola base con il telo di gioco, le porte e due squadre costa 40€, ci sono poi tutti gli accessori extra, da prendere a parte.
L’idea è bellissima, il gioco stacca dal solito display, per i più vecchietti, come me, è un tuffo nel passato, per i più giovani, un gioco nuovo da scoprire. Niente tecnologia, niente streaming, niente pirateria e niente AGCOM.

Siamo arrivati alla fine di questa puntata di Pillole di bit, vi ricordo che tutti i link relativi alle cose dette sono nelle note, che trovate sulla vostre app o sul sito.
Io sono Francesco, produttore e voce di questo podcast e vi do appuntamento a lunedì prossimo, per la prossima puntata, disponibile su Feed RSS, o su tutte le piattaforme di podcast, vi registrate e la puntata vi arriva automagicamente.
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La puntata di Pillole di Bit Stories di Dicembre è in preparazione, grazie a tutti voi!
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Grazie per avermi ascoltato!

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#334 – Backup dei servizi

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#334 - Backup dei servizi
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Nessun fornitore di servizi garantisce il 100% di disponibilità, se serve il 100% ci si deve organizzare e se qualcosa va storto, dare la colpa al fornitore non è mai una buona idea.

Fai click su questo testo per vedere lo script

Qualche settimana fa un gruppo di testate non è uscito con le edizioni cartacee una mattina e ha fatto un editoriale dando la colpa al loro provider di connettività e servizi cloud, facendo nomi e cognomi.
Partendo dal fatto che i panni sporchi si lavano in famiglia, come fece a suo tempo Libero, che non disse “eh, per colpa di questa marca di storage è tutto spento”, ma disse “per un problema tecnico”, vorrei arrivare a definire che, vivendo in un mondo digitale, dobbiamo comprendere che tutto quello che usiamo non può essere attivo il 100% del tempo, sempre. Qualunque cosa può cadere, in ogni momento, e, se ci è indispensabile, è compito nostro esserci preventivamente organizzati.
Inciso: anche Libero gestì in modo pessimo la comunicazione, ma per altri motivi.

Forse vi aspettavate una puntata sull’immane, enorme, monumentale schifezza che stanno facendo con l’evoluzione del Piracy Shield. Non ancora. Sono troppo arrabbiato e non sarebbe venuta una puntata dai toni pacati. Nel frattempo andate a informarvi e inorridite, perché la cosa è ridicola e pericolosa, al punto che per colpa del calcio ne pagheremo tutti le conseguenze e non saranno di poco conto.

Vorrei invitarvi a pensare a quanti servizi usate oggi, per i quali dipendente da terzi e che date per scontati, ci sono sempre e non ci fate caso.
Vi aiuto.
L’acqua in casa. Un pensiero agli ascoltatori dalle zone in siccità, loro sanno che l’acqua non c’è sempre e quando non c’è è un problema enorme, per l’effettiva mancanza e per la speculazione.
La corrente, e abbiamo vissuto con disprezzo tutti i blackout che abbiamo dovuto affrontare.
La connettività, che sia mobile o fissa. C’è sempre, ma ogni tanto cade, quando cade, ormai, è un problema, per svariati motivi, motivati e non.
La vostra casella di posta.
Uno o più servizi cloud che usate quotidianamente come i Social, le piattaforme dove avete i documenti, le piattaforme di gioco, l’applicazione che usate al lavoro e così via.
Tutte queste cose si appoggiano su infrastrutture, fisiche e digitali.
Queste infrastrutture hanno bisogno di essere gestite.
Se non le si gestisce, perché si usa il detto “cosa che funziona non si tocca”, si fa la fine del Ponte Morandi o i software non aggiornati che vengono attaccati.
Se li si gestisce, ogni volta, anche se si prendono tutte le dovute accortezze, con backup, sistemi ridondati e replicati, qualcosa potrebbe andare storto.
Ovviamente in mezzo c’è sempre l’errore umano o la sua inettitudine.
E poi, le cose, banalmente, si rompono.
Ho sentito tanta gente che, di fronte a un guasto “ma come è possibile, fino a 10 minuti fa funzionava?”. Eh, amico, adesso si è rotto.
E capita a tutti. Al vostro NAS, al computer aziendale, alla rete elettrica schifosa della città dove vivo, ai grandi operatori mondiali di servizi cloud, all’operatore italiano di servizi per la PA, all’INPS. Nessuno è escluso.
E nessuno vi metterà mai in un contratto che garantisce il servizio per il 100% del tempo.
Se avete bisogno di un servizio per il 100% del tempo dovete organizzarvi voi per avere un backup che garantisca l’operatività in caso di problemi.
Avete sentito bene.
Se avete bisogno di un certo servizio sempre operativo, sì, lo sto ripetendo, dovete organizzarvi voi, perché possiate tamponare gli eventuali fermi di uno o più fornitori, si spera non in contemporanea.
Per ogni servizio, in generale, esiste un modo per tamponare una eventuale mancanza.
Alcuni sistemi per casa sono affrontabili, altri sono solo per le aziende, ovviamente.
Se manca corrente esistono gli UPS per le assenze brevi, i generatori per i blackout più prolungati.
Pensate a un magazzino che distribuisce surgelati, senza corrente dovrebbe buttare via cibo per un valore di milioni di euro. Se manca corrente ha sicuramente un generatore per mantenere il freddo nei suoi grandi freezer, magari anche più di uno, che non si sa mai.
Questo vale per ogni tipo di servizio che le aziende reputano indispensabile.
Dove lavoravo prima il business era ricevere ordini e consegnarli, gli ordini si ricevevano via internet, per questo avevamo 2 gestori di connettività in fibra con due fibre che arrivavano da due scavi diversi in due vie diverse, ce lo si poteva permettere perché il magazzino affacciava su due strade, più un terzo gestore di connettività wireless. Se cadeva la prima, tempo di 3 ping veniva su la seconda, se cadeva anche la seconda, altri 3 ping ed ecco la wifi.
La stessa cosa fanno le aziende che hanno le macchine presso i grandi provider di servizi cloud. Loro offrono data center sparsi sul territorio e i clienti creano servizi con repliche su più datacenter, in modo che se uno cade, ed è già successo più di una volta, i loro servizi restano attivi perché sono su un altro o su altri due.
Ovviamente se un’azienda ha tutto su Microsoft365, Google Workspace o un servizio gestito di OwnCloud e questo cade, non c’è molto da fare, si deve sperare che il gestore del servizio torni su in fretta. Questi sono alcuni di quei servizi che non sono replicabili, come i servizi di posta.
E per casa come si fa?
Soprattutto se avete bisogno di una certa disponibilità di alcuni servizi.
Innanzitutto dimenticatevi la certezza di essere operativi sempre, non lo sono neanche le aziende che reputate serie per davvero, basta una briciola e saltano, ve lo garantisco. In troppi pensano il solito “figurati se succede a me, costa troppo, se capita, poi vediamo”.
Non tutte, per carità, ma nel mio peregrinare per consulenze ho visto cose terribili.
Torniamo a casa o piccolo ufficio.
Se c’è un blackout quello che potete fare è tenere al sicuro i dispositivi più sensibili con un UPS, che non si spengono se il blackout è corto o che possono essere spenti in modo regolare se va troppo per le lunghe.
Se usate un servizio di gestione documenti in cloud, qualunque esso sia, valutante quanto potete stare senza i vostri documenti, se potete accettare una giornata senza, va bene avere il vostro backup, se no, dovete sempre avere accesso, fate in modo da avere sempre tutto in locale. Badate, il backup prescinde e ci deve essere sempre, mi raccomando.
Per la connettività?
Questo è forse il disservizio che potrebbe darvi più grattacapi.
Se siete un piccolo ufficio, secondo me, è bene avere una linea di backup e una configurazione fatta in modo tale che, manualmente o, meglio, in modo automatico, la connessione passi dalla linea principale a quella di backup quando la principale manca.
Alcuni router lo fanno in modo nativo, come i GL-inet, le vodafone station con la chiavetta e in media tutti i router che hanno lo slot per la SIM al loro interno.
Prendete una SIM con un po’ di traffico, ormai non costano molto, la mettete nel router e, quando succede che la linea principale muore, la SIM interviene.
Mi raccomando, la SIM dovete prenderla di un operatore diverso da quello della connettività.
È già successo che un operatore cadesse completamente, linee fisse e mobili.
Se avete una linea fissa, invento, Ehiweb su TIM, la SIM la prendete su rete 3. A patto che nella vostra zone 3 prenda bene.
Costa. Sì, ha un costo per del traffico che magari non userete mai, fatela con abbonamento, che con la ricaricabile ve la dimenticate, scade e poi quando serve non c’è più.
Ma quanto costa stare fermi mezza giornata? Provate a fare un conto, aiuta a comprendere molte cose.
Ogni tanto, su base mensile, staccate la linea principale e provate il backup.
E a casa?
Potete fare la stessa cosa e vivere tranquilli, ma forse è un po’ esagerato.
Configurate il telefono in modo che sia facilmente attivabile il tethering e usate quello, sapendo che se siete connessi al telefono in WiFi, perderete la connessione WiFi alla rete di casa vostra con l’eventuale NAS, il tethering si può usare anche via USB, dovrebbe mantenere la connessione anche al resto della rete. Fate delle prove prima, che se dovete farlo quando già siete arrabbiati per la connessione mancante, è più complicato.
E se siete un’azienda che per un problema di un fornitore fate un fault pubblico grosso, datemi retta, non è una buona idea scrivere in pubblico che la colpa è del fornitore.

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Potete farlo in modi diversi, tramite Satispay, Paypal o con il Value for Value, con le applicazioni che lo gestiscono, se volete più informazioni sul value 4 value potete fare riferimento alla puntata 297.
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A volte ritornano. Ne parlai molti anni fa in un podcast ormai morto, il mio primo, Geek Cookies, se siete un po’ nerd, un po’ amanti delle reti e volete giocare, sporcarvi le mani, ma senza impazzire o distruggere qualcosa, dovreste comprarvi un router GL-Inet.
I loro router sono diversi dal solito router.
Sono piccoli, hanno poche porte, non sono dei mostri di potenza, ma hanno alcune caratteristiche peculiari.
La prima è che montano OpenWRT, un firmware per router open sul quale ci si può fare davvero un sacco di roba.
La seconda è che hanno un’interfaccia di base semplice da usare.
E poi? E poi hanno funzioni pazzesche.
Si collegano a una rete wifi pubblica e la usano per condividere la connessione sulla vostra WiFi privata
Ma possono collegarsi ad Internet non solo con una WiFi, anche con un cavo di rete, con il tethering del telefono via USB o con una chiavetta USB 4G,
Hanno un client VPN, lo configurate, la attivate e tutti i dispositivi connessi passeranno attraverso di essa.
Possono replicare il mac address di uno dei dispositivi connessi in LAN sulla WAN, così vi autenticate alla WiFi Dell’hotel con il telefono, poi attaccate il router, gli dite che ha il mac del telefono ed ecco che naviga.
Se mettete in WAN due connessioni, usa la principale e se cade, passa in automatico alla secondaria.
E ho solo iniziato.
Sono poco più grandi di un paio di airpods, si alimentano con una microusb e costano davvero poco.
Come contro, perché è da dire, le performance non sono fantastiche e in posti un po’ pieni di altre WiFi muoiono.
ma per provare cose a casa, fare un po’ di IoT sono fenomenali.
Per partire prendete il Mango, quello giallo, sul loro sito ci sono tutti i dispositivi e le caratteristiche

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#333 – Non abbiamo bombe in tasca

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Eventi di guerra, di quelli che vorremmo smettere di sentire, svegliano persone evidentemente problematiche che inneggiano a “operazione perfetta” e quelle che dicono “ecco, il 5G provoca esplosioni all’interno delle vene dei vaccinati”. Abbiamo assistito a un’operazione di intelligence e non a un’esplosione di massa di batterie al Litio.

Fai click su questo testo per leggere la trascrizione della puntata

Più che una introduzione, questa è una premessa. In questo podcast si parla di tecnologia e non di politica, men che meno di guerra, come vi ho detto tante volte ci sono molti altri posti dove potete informarvi e cercare pareri, questo non è il posto adatto.
Ma in una parte del mondo, a opera di un esercito, è stato fatto un attacco particolare, anzi, ne hanno fatti due che comprendono molta tecnologia e, seppur disprezzando la guerra, l’esercito e tutto quello che ci sta intorno, mi è parso utile, interessante e necessario dipanare qualche dubbio e raccontare due cose.
Potete continuare a tenere i cellulari in tasca con tranquillità.

Prima di iniziare, bentrovati all’ascolto di Pillole di Bit, ho preso due settimane di pausa, sono andato in vacanza dall’altra parte del mondo, in Nord America, pensando di prendere freddo e invece, mentre in Italia è iniziato l’autunno, in Vermont ho preso 26-29 gradi Celsius, sto cercando di dimenticare tutte le conversioni dal sistema imperiale a quello metrico.
Mentre ero in vacanza il contatore di settembre per la puntata di Pillole di Bit Stories di Novembre è arrivato a più del 70%, chissà se uscirà una nuova puntata speciale, manca una settimana, chissà se ce la si fa. Grazie a tutti i donatori, come sempre, senza di voi, questo podcast non ci sarebbe.

Finiti i convenevoli, torniamo alla puntata e all’argomento principale del podcast, la tecnologia.
Guardatevi intorno e cercate di identificare tutti i dispositivi che contengono una batteria al litio.
Vi aiuto.
Il telefono che avete in tasca o in mano.
L’orologio smart che avete al polso
Le cuffie, piccole o grandi che siano, se sono senza fili, che avete alle orecchie, in tasca o nello zaino
Il PC portatile su cui state lavorando o che avete appoggiato sulla schiena.
Il battery pack che avete nella borsa da qualche parte.
Il pad wireless che state usando per giocare a una console o al PC, esclusi quelli di Xbox che hanno le stilo e se sono ricaricabili, che di solito non sono al litio.
Il mouse e la tastiera wireless che state usando, se non hanno le batterie AA o AAA.
La macchina fotografica o la action cam, di ogni marca e modello che avete in un cassetto o nello zaino o da qualche parte addosso perché state registrando.
Il monopattino che usate per spostarvi.
La bicicletta con la pedalata assistita.
Il motorino elettrico.
L’auto elettrica o ibrida.
Il bus elettrico o ibrido che vi sta portando verso casa, il lavoro o da qualche altra parte.
E ho la netta sensazione che pur avendo avuto tempo di scrivere questa puntata, mi sono scordato qualcosa.
Adesso, seriamente, pensate che se per un qualunque motivo queste batterie potessero esplodere come se fossero delle piccole o grandi bombe, tutte le aziende di prodotti elettronici le avrebbero messe ovunque?
Seriamente?
Il litio non è un composto stabile, va gestito in un certo modo e non va messo a contatto con l’ossigeno.
Se no brucia, anche in modo abbastanza violento.
Per questo le batterie al Litio non vanno mai, ma mai, aperte, toccate e modificate.
Se si fa un buco, prendono fuoco, subito. E fanno una bella fiammata.
Ma lo fanno anche se le mettete in condizioni di scaldare troppo, con una scarica o una carica troppo violenta, scaldano, gonfiano, rompono il contenitore in cui stanno e prendono fuoco.
L’altro problema è che l’incendio da Litio non si spegne come quando accendete un pezzo di carta e poi lo bagnate. Puff! Spento.
No, il Litio è difficilissimo da spegnere, una volta che ha preso fuoco.
Ci vanno giorni.
Ma avete tutto il tempo di allontanarvi e vederlo bruciare.
Abbiamo appurato che le batterie al Litio non scoppiano.
No, mai. Potete tornare a tenere il telefono in tasca come avete sempre fatto. Se la batteria ha un problema, come era successo ad alcuni telefoni e tablet di qualche anno fa, ve ne accorgete, scaldano, molto troppo, li buttate a terra e via, non esplode niente.
Se succede su un aereo in volo è un problema, ma non c’è un’esplosione, al massimo un incendio, che è una cosa diversa.
E allora come hanno fatto a far esplodere 3000 cercapersone e molti walkie talkie nello stesso istante?
Hanno fatto un attacco su quella che viene detta Supply Chain.
Qualche anno fa era successa una cosa simile su un prodotto software, cosa molto più facile.
Hanno preso una libreria usata da un prodotto commerciale molto famoso, l’hanno modificata e firmata, in modo che questa potesse essere usata al posto di quella legittima, senza che il produttore se ne accorgesse. Una volta che il prodotto finale era installato su decine di migliaia di computer, la libreria modificata ha agito e ha fatto partire il ransomware, bloccando di fatto moltissimi computer che usavano quel prodotto, nello specifico un sistema di gestione e sicurezza dei client, cosa alquanto ironica. In Nord Europa ci fu una catena di supermercati chiusa per settimane a causa di questo tipo di attacco, nessuna cassa funzionava più.
Sì, le casse dei supermercati sono tutte dei computer, tipicamente Windows.
Ma sostituire una libreria, seppur complesso, non è come mettere dell’esplosivo in 3000 cercapersone.
Premetto, questa è una azione di guerra che ha provocato morti, tra cui bambini, feriti e ha colpito in modo del tutto indiscriminato e mi guardo bene dal dire, come ho letto in giro, che è stato un piano perfettamente eseguito. Ha fatto schifo, come ogni azione di guerra.
Cos’è un cercapersone?
È un piccolo dispositivo che, nella sua semplicità, riceve messaggi di testo via radio.
Ci sono delle antenne, ogni Paese ha le sue frequenze dedicate, che solitamente trasmettono i segnali del protocollo più usato, il POCSAG, è un protocollo vecchio e non finisce per P, stranamente, questo acronimo sta per Post Office Code Standardisation Advisory Group.
Semplificando molto, l’antenna trasmette, modulando in frequenza, il codice del dispositivo a cui è trasmesso il messaggio e il messaggio stesso. Il dispositivo che non ha quel codice di destinazione, scarta il messaggio, quello che è il vero destinatario, legge il messaggio e lo mostra sul display.
C’è tutto un sistema che minimizza il controllo di tutti i messaggi che passano sulla rete, per ridurre il consumo di batteria.
Perché non usare un cellulare? perché il cellulare si autentica sulla radio base alla quale è collegato e può essere localizzato con una precisione discreta, il cercapersone, come una radio, riceve e basta, non trasmette e non può essere localizzato.
Cosa pare che sia successo, alla fine?
Pare che un grosso ordine di cercapersone, e uno di walkie talkie siano stati intercettati e modificati, aggiungendo dell’esplosivo, un detonatore e un sistema che, rispondendo ad un certo segnale innescasse il detonatore per far saltare l’esplosivo.
Fatto questo, i dispositivi sono stati fatti arrivare a destinazione e attivati nel momento desiderato.
Potrebbero anche aver chiesto direttamente al produttore di costruirli con l’esplosivo all’interno, una volta venuti a sapere dell’ordinativo.
O, ancora diversamente, potrebbero aver creato delle aziende farlocche che hanno preso direttamente gli ordini di questo tipo e li hanno prodotti con il sistema esplosivo all’interno.
Se cercate tra le notizie, da quando scrivo a quando uscirà la puntata, saranno uscite altre informazioni, ma sicuramente nessuno avrà la certezza di come hanno fatto.
Non si tratta di un attacco hacker che ha sfruttato una vulnerabilità di un dispositivo, ma un sabotaggio vero e proprio che ha fatto arrivare dispositivi manomessi nelle tasche degli obiettivi.
In conclusione, torno a ripeterlo.
La guerra fa schifo, qualunque sia il livello delle azioni che vengono fatte e da chiunque vengano fatte.
Potete stare tranquilli per le vostre batterie al litio in tasca, nelle orecchie, al polso, tra le mani e sotto al sedere, non scoppiano.
Fate la vostra parte, fermate tutte le notizie fasulle che girano su batterie che esplodono e altre amenità che arrivano fino al 5G e ai vaccini, che non se ne può davvero più.
Sottolineo, inoltre, che dire che è stata un’operazione chirurgica, è una grande idiozia. Non sono state colpite esattamente le 3000 persone che si volevano colpire, ma anche tutte quelle che erano intorno, per caso.
Giusto per mettere i puntini sulle i.

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Vi riporto l’ultimo che mi è arrivato da Raffaele
“Dopo qualche peripezia con OpenFiber, sono riuscito ad avere la connettività di Ehiweb.
Servizio clienti top, davvero. Mai visto nulla di simile sino ad ora!”
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Ogni tanto, quando ho la testa più libera, per questo ogni tanto e non ogni poco, provo a sperimentare qualcosa di nuovo. Nelle serate libere in vacanza avevo il portatile appresso, e ho scaricato un browser diverso dal solito, Arc, si scrive proprio A R C, il link ve lo lascio nelle note, come sempre.
Rispetto a tutti gli altri browser, ha una barra laterale a sinistra abbastanza imponente in cui ci sono le tab che potete aprire, chiudere e pinnare, lui dopo un certo tempo le archivia e potete poi andare a recuperarle dallo storico, potete creare degli spazi dove mettete e gestite le tab o direttamente dei profili separati, funzionano quasi tutte le estensioni di Chrome e direi che, dopo qualche ora di utilizzo faticosa, per esempio nella gestione dei preferiti, diventa un nuovo modo interessante di lavorare con decine di tab aperte, sicuramente meglio organizzato.
Io, fossi in voi, gli darei una chance.

Siamo arrivati alla fine di questa puntata di Pillole di bit, vi ricordo che tutti i link relativi alle cose dette sono nelle note, che trovate sulla vostre app o sul sito.
Io sono Francesco, produttore e voce di questo podcast e vi do appuntamento a lunedì prossimo, per la prossima puntata, disponibile su Feed RSS, o su tutte le piattaforme di podcast, vi registrate e la puntata vi arriva automagicamente.
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Grazie per avermi ascoltato!

Ciao!

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